Dal sito http://solleviamoci.wordpress.com/ di qualche giorno fa pubblico qua sotto integralmente in rosso, la notizia dell'ennesima strage di civili compiuta appena qualche giorno fa proprio dove si trovano i militari italiani.Una notizia che non ha trovato adeguato spazio nei media occidentali.Proviamo a chiederci perchè?
Alcune donne e bambini afghani sono rimasti uccisi in un attacco aereo delle forze straniere nella provincia meridionale di Helmand in Afghanistan (dove sono di stanza i militari italiani). Il capo della polizia provinciale di Helmand, Assadullah Sherzad, non ha potuto specificare con esattezza il numero delle vittime, ma un leader tribale della zona, Haji Adnan Khan, ha riferito di parecchi abitanti inferociti del villaggio di Nad Ali che hanno trasportato 18 cadaveri - alcuni ridotti in pessime condizioni - fino all’ingresso della residenza del governatore di Lashkar Gah, capitale della provincia di Helmand.
Le forze Nato hanno fatto sapere che verificheranno le affermazioni della polizia. Si tratterebbe comunque dell’ennesimo attacco che finisce per provocare morti civili. E le frequenti uccisioni di civili hanno causato forte tensioni con il governo di Kabul e le forze Nato.
Intanto gli stessi Stati Uniti ammettono di essere in difficoltà in questa guerra: gli sforzi internazionali non stanno portando ai risultati sperati e quindi - dicono da Washington - serve un impegno maggiore per raggiungere la vera stabilizzazione del Paese, anche attraverso una maggiore collaborazione con i leader delle tribù locali. L’appello è arrivato dal ministro statunitense della Difesa, Robert Gates, che ha fatto una valutazione della situazione nel paese durante un intervento all’«Institute for peace».
«Al momento i singoli sforzi, seppur eroici e ben intenzionati, ottengono meno della somma di tutte le parti» ha affermato Gates. «Tutti gli alleati Nato, l’Unione europea, le Ong e gli altri gruppi, sia a livello militare che civile, devono integrarsi meglio l’uno con l’altro per poter arrivare al vero successo della missione».
Il responsabile del Pentagono ha ricordato «la nuova ondata di violenza e corruzione» che sta segnando l’Afghanistan e ha ribadito più volte che serve una maggiore collaborazione anche con il governo afghano e con i leader delle tribù locali, oggi soggetti sempre più strategici per assicurare la pace e la stabilità in tutte le regioni del paese. Secondo Gates, questo non significa abbandonare il progetto di un governo centrale forte, ma considerare che è necessario trattare anche con i numerosi poteri locali che controllano le zone più periferiche.
Gates, che dal 2006 ha spinto per una politica estera sempre più improntata sul «soft power» piuttosto che sulla forza militare, ha ricordato anche l’importanza strategica della missione. «L’Afghanistan è una sorta di test su larga scala» ha spiegato «dove gli obiettivi si raggiungono integrando più aspetti, quello militare e civile, quello pubblico e privato, quello nazionale e internazionale».
Le forze Nato hanno fatto sapere che verificheranno le affermazioni della polizia. Si tratterebbe comunque dell’ennesimo attacco che finisce per provocare morti civili. E le frequenti uccisioni di civili hanno causato forte tensioni con il governo di Kabul e le forze Nato.
Intanto gli stessi Stati Uniti ammettono di essere in difficoltà in questa guerra: gli sforzi internazionali non stanno portando ai risultati sperati e quindi - dicono da Washington - serve un impegno maggiore per raggiungere la vera stabilizzazione del Paese, anche attraverso una maggiore collaborazione con i leader delle tribù locali. L’appello è arrivato dal ministro statunitense della Difesa, Robert Gates, che ha fatto una valutazione della situazione nel paese durante un intervento all’«Institute for peace».
«Al momento i singoli sforzi, seppur eroici e ben intenzionati, ottengono meno della somma di tutte le parti» ha affermato Gates. «Tutti gli alleati Nato, l’Unione europea, le Ong e gli altri gruppi, sia a livello militare che civile, devono integrarsi meglio l’uno con l’altro per poter arrivare al vero successo della missione».
Il responsabile del Pentagono ha ricordato «la nuova ondata di violenza e corruzione» che sta segnando l’Afghanistan e ha ribadito più volte che serve una maggiore collaborazione anche con il governo afghano e con i leader delle tribù locali, oggi soggetti sempre più strategici per assicurare la pace e la stabilità in tutte le regioni del paese. Secondo Gates, questo non significa abbandonare il progetto di un governo centrale forte, ma considerare che è necessario trattare anche con i numerosi poteri locali che controllano le zone più periferiche.
Gates, che dal 2006 ha spinto per una politica estera sempre più improntata sul «soft power» piuttosto che sulla forza militare, ha ricordato anche l’importanza strategica della missione. «L’Afghanistan è una sorta di test su larga scala» ha spiegato «dove gli obiettivi si raggiungono integrando più aspetti, quello militare e civile, quello pubblico e privato, quello nazionale e internazionale».
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